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C’era una volta l’incesto: fiabe e racconti di un tabù

C’erano una volta… un asino e un incesto!

Per quanto questa premessa possa far pensare a una banale storia pornografica furry (con questo termine si parla di animali antropomorfi, cioè con caratteristiche umane), in realtà mi riferisco a un racconto in particolare.

L’ispirazione mi è venuta mentre pubblicavo una foto sul mio profilo privato di Instagram, che ritraeva la sottoscritta mentre socializzava con dei bellissimi asinelli, in un campo sull’isola di Favignana, in Sicilia (potete trovare un articolo in merito a questa splendida isola cliccando QUI).

Mentre li accarezzavo e ci “chiacchieravo”, riflettevo su quanto gli asini siano gli animali più fraintesi e maltrattati del mondo, per citare Bonnie Jo Campbell, una scrittrice statunitense contemporanea.

E mentre pensavo a ciò, mi sono ricordata improvvisamente di Charles Perrault, e del suo “I racconti di Mamma Oca”.

Se non avete idea di che cosa io stia parlando, lasciate che vi spieghi: prima di raccontarvi la storia di “Pelle d’Asino”, della simbologia legata agli asini e del perché degli incesti, quest’ultimo argomento piuttosto delicato dati i recenti abominevoli fatti di cronaca a Monreale, Ravenna e appena scoperto in Polonia.

La foto che mi ritrae mentre "chiacchiero" con gli asinelli di Favignana

Sono sicura che molti di voi avranno già sentito nominare Charles Perrault, scrittore francese vissuto tra il 1628 e il 1703, poiché si tratta del padre, per così dire, di alcune delle più famose fiabe popolari della storia, tra cui “Cappuccetto Rosso”, “La Bella Addormentata”, “Cenerentola”, “Il gatto con gli stivali”, “Pollicino” e “Barbablù”.

So che alcuni di voi hanno pensato che fossero fiabe originali dei celebri Fratelli Grimm (su cui è stato fatto un film a mio avviso geniale nel 2005, con Matt Demon, Heath Ledger, Monica Bellucci, Peter Stormare e Jonathan Pryce, dal titolo “I Fratelli Grimm e l’Incantevole Strega”), eppure non è così: i fratelli tedeschi hanno preso e rielaborato molti dei racconti di Perrault, cambiandone anche i finali.

Un esempio è “Cappuccetto Rosso”, perché nella versione originale di Perrault non esiste nessun cacciatore che uccide il lupo cattivo e salva bimba e nipote; non solo muoiono entrambe divorate, ma Cappuccetto Rosso, prima di essere mangiata, giace nuda con il lupo cattivo.

Dicevo, tutte queste fiabe sono raccolte nel libro “Histoire ou contes du temps passé”, noto ai più con il titolo “Contes de ma mère l’Oye” (appunto, “I racconti di mia mamma l’oca” in italiano), pubblicato nel 1697.

Il racconto “Pelle d’Asino” (“Peau d’âne”, in francese) venne, in principio, pubblicato singolarmente nel 1694 e solo tre anni dopo venne inserito nella raccolta citata sopra.

Prima di continuare vi informo che la differenza tra favola e fiaba è che la prima è spesso piuttosto breve, con protagonisti animali dalle caratteristiche antropomorfe e con una morale spesso esplicita e scritta dall’autore, mentre la seconda ha invece origini molto antiche, senza un vero e proprio autore perché raccontata oralmente, con protagoniste creature e situazioni fantastiche, non sempre con una morale finale.

Bene, bambini, sedetevi comodi e lasciate che vi narri di questa fantomatica pelle d’Asino e sul perché c’entri l’incesto.

C’era una volta un re, la cui moglie stava esalando l’ultimo respiro. Sul letto di morte, la donna fece promettere al marito di non risposarsi mai più se non con una donna la cui bellezza era pari a quella della regina (alla faccia, un po’ sul piedistallo, mi dicono… o forse una sfacciata autoconsapevolezza, non lo sapremo mai).

Il marito, in preda alla follia per il recente lutto, tuttavia, trovò la donna dei suoi sogni, di una bellezza ineguagliabile, pari a quella della sua amata consorte ormai sepolta al campo santo. C’era solo un piccolo problema in questa unione, una cosa di poco conto: la fanciulla in questione era sua figlia!

La poverina non aveva alcuna voglia di giacere con il padre (ovviamente, direi) e su consiglio della sua fata madrina (perché mi viene in mente quella pazza svalvolata di “Shrek 2”?!), cominciò a chiedere al padre, proprio per frenare questa sua orribile pulsione, tutta una serie di vestiti dalla realizzazione impossibile (uno di questi doveva essere dello stesso colore della luna, per esempio), come regali per la sua dote, ma il genitore, pur di raggiungere il proprio mostruoso obiettivo, glieli procurava sempre.

La figlia, un giorno, ormai alle strette, chiese la pelle dell’asino magico che avevano nella stalla e quest’asino, proprio perché magico, anziché produrre sterco produceva monete d’oro (ehm… non voglio immaginare la scena), convinta che il padre non avrebbe mai acconsentito e, di conseguenza, avrebbe rinunciato all’agghiacciante impresa di portarsela a letto. E invece, la forza di quell’insano desiderio portò il padre a scuoiare la bestia (no! Poverina!) e a donare alla figlia la sua bella pelle.

La ragazza, disperata e sempre su consiglio della fata madrina, fuggì via, con indosso solo la pelle d’asino e inseguita dal baule incantato pieno di tutti gli abiti meravigliosi confezionati dal padre molesto.

Andò a lavorare in una fattoria, perennemente ricoperta di sporcizia, letame e dio solo sa cos’altro, tant’è che tutti la prendevano in giro, chiamandola Pelle d’asino (perché non se la toglieva mai, per non farsi riconoscere). 

Nonostante ciò, a ogni festa, si lavava e indossava i suoi indumenti preziosi. Quindi, se ci fossero state solo una festa o due nel corso della settimana, la bella fanciulla si sarebbe lavata solo in queste occasioni, tenendosi probabilmente degli alveari sotto le ascelle e lo sterco essiccato tra le dita dei piedi? Non voglio saperlo.

Tornando a noi, un bel principe che passava di lì, da bravo voyuerista, decise così a caso di sbirciare nel buco della serratura della stanza di Pelle d’Asino (sono io che sono troppo maliziosa o avete pensato anche voi al perché si fosse messo a sbirciare da un buco della serratura a random tipo maniaco?). La vide tutta bella pulita e agghindata e perse la testa, si ammalò seriamente tanto era innamorato.

Per fortuna, l’amore era corrisposto (lo si scopre da un anello che Pelle d’Asino mise in una focaccia preparata da lei su richiesta del principe), quindi il principe guarì, i due convolarono a nozze e alla festa partecipò anche il padre della ragazza, ormai rinsavito dalla sua follia incestuosa.

E vissero tutti felici e contenti, tranne quel poveraccio di un asino che venne scuoiato per un capriccio sessuale.

Fine.

Questo, comunque, era un riassunto, la fiaba completa la potete trovare QUA.

E partiamo proprio da questo povero animale, che quasi sempre viene relegato al ruolo di bestia da soma con poco cervello, dalle prime favole della storia, narrate da Esopo e Fedro (rispettivamente vissuti tra il 620 a.C. e il 560 a.C. e tra il 20 a.C. e il 50 d.C.), passando dal già citato Perrault, fino ad Hans Christian Andersen (1805 – 1875).

Eppure, dietro a questo animale si nasconde una simbologia tutt’altro che univoca.

È vero, uno dei significati dell’asino è quello della stupidità, dell’ignoranza e della cocciutaggine, lo possiamo vedere già nella metamorfosi presente in “Pinocchio”, il masterpiece di Collodi: Pinocchio e Lucignolo, una volta che hanno ceduto ai mille vizi del Paese dei Balocchi, si trasformano in asini raglianti.

Se invece andiamo un po’ più lontano nel tempo, fino agli Antichi Egizi, l’asino era considerato un simbolo di malvagità, perché collegato al dio Seth (in effetti, il dio del deserto e del caos in generale, aveva l’apparenza di uno sciacallo, ma veniva rappresentato anche con orecchie da asino).

Il mulo malvagio (il mulo è un incrocio tra un asino maschio e una giumenta) si può trovare anche nel film “Il Rito”, film del 2011 con il grande Anthony Hopkins, dove i posseduti e perseguitati dal demonio lo vedono sotto le vesti di un mulo infernale.

Questi, di sicuro, non hanno affatto l'aria dei muli infernali. Anzi, viene solo voglia di accarezzarli.

Ma parlando sempre in ambito religioso, l’asino è anche un animale sacro, praticamente divino, perché ritratto in diversi episodi della vita di Gesù.

Basti pensare al bue e all’asinello che riscaldano il corpicino di Gesù Bambino con il loro fiato o all’asino che Gesù cavalca per entrare gloriosamente a Gerusalemme

Inoltre, esistono tantissime leggende popolari che hanno come protagonista la bestia ragliante, alcune propedeutiche e formative nell’educazione infantile.

Un esempio può essere la storia dell’asino e del cavallo, scritta da Esopo: questi due animali vivevano nella stessa fattoria ed erano molto amici, amati in egual misura dal loro allevatore, ma il cavallo era comunque un personaggio altezzoso e pieno di sé, in quanto animale più nobile. L’asino era paziente e ubbidiente, così tanto che un giorno, quando il fattore, per una distrazione, caricò più sacchi sul suo asino anziché distribuirli in misure uguali su entrambe le bestie, l’animale non disse niente.

Durante la camminata, l’uomo era impegnato a parlare con un suo amico e non si accorse che l’asino faceva sempre più fatica a portare tutti quei pesi. L’asino implorava il cavallo di dargli una mano, ma il cavallo, infastidito, aumentava il passo e negava l’offerta. A un certo punto, l’asino crollò a terra esausto, solo a quel punto l’allevatore si accorse dell’errore commesso e disse al cavallo: “Adesso, siccome l’asino è troppo stanco, sarai tu a portare tutti i sacchi.”

Il cavallo si pentì del suo comportamento, dato che se avesse aiutato prima l’asino, non avrebbe dovuto portarsi dietro tutto quel peso da solo.

Una storiella molto istruttiva sull’importanza del lavoro di squadra nelle situazioni di difficoltà.

Un altro racconto, anche questo scritto dalla mano del buon Esopo, si incentra su un asino che porta con sé un sacco pieno di sale. L’animale si ritrova costretto ad attraversare un fiume. Appena si immerge in acqua, il sale comincia a sciogliersi e una volta arrivato a riva, il quadrupede si rende felicemente conto di quanto il carico gli risulti più leggero.

Un altro giorno, l’asino è di nuovo all’opera, ma questa volta con un sacco pieno di spugne. Memore della volta prima, l’asino non esita a tuffarsi nel fiume, convinto che anche questa volta il sacco diventerà più leggero.

Purtroppo ciò non avviene, perché le spugne assorbono l’acqua e diventano, al contrario, più pesanti. Fu così che il poveretto annegò nel fiume.

La morale? Molto spesso, gli uomini non si rendono conto che sono le loro stesse azioni a rovinarli.

Io direi anche, in maniera più spartana: è la convinzione che fo*tte la gente.

Ciuchino, l'esilarante asino parlante di "Shrek"

E adesso mi rivolgo a voi, popolo siciliano (considerato che la foto da cui è partito questo pezzo l’ho scattata nella bella Trinacria), che chiamate gli asini “scecchi”. Il resto d’Italia si chiede il perché di questo nome.

Ebbene, ho la risposta: parte tutto da una leggenda che coinvolge gli arabi.

Quando il popolo adoratore di Allah sbarcò in Sicilia e la sottomise al suo comando, la figlia di un reale arabo, la principessa Nevara, si innamorò di un nobile siciliano (eh sì, i siculi hanno quella marcia e quel sex appeal in più, che ci vuoi fare…).

Per questa ragione, chiese al padre di non essere troppo duro con il popolo dei cannoli e delle cassate. Il padre acconsentì, ma imponendo comunque alcuni divieti, tra cui quello di impedire a chiunque non fosse arabo di andare a cavallo.

Ai siciliani non piacque affatto questa imposizione, così decisero di avvelenare tutti i cavalli della Sicilia per fare uno screzio al popolo invasore.

Il re arabo, arrabbiato, organizzò una flotta di navi dal Nord Africa che potesse trasportare gli equini, ma il destino volle che, durante una tempesta, tutte le navi contenenti i cavalli affondarono (maledizione, una strage! Tutta quella bresaola… scherzi a parte, poveri cavalli!). L’unica imbarcazione sopravvissuta era quella che trasportava gli asini.

Così, gli arabi, piuttosto che niente, cominciarono ad andare in giro montando agli asini, ottenendo solo risate di scherno da parte del popolo siciliano.

Gli sceicchi sugli asini, che pretendevano pure che i siculi si inchinassero al loro cospetto, erano alquanto ridicoli. La principessa Nevara fece presente il fatto al padre, che decise così di cancellare tutti i divieti imposti, di permettere agli amanti delle arancine e degli arancini di tornare a cavalcare stalloni e giumente e cominciò una collaborazione più pacifica.

Ecco dunque l’origine del termine: dagli sceicchi in groppa agli asini, nacque “scecchi” per indicare gli asini.

Fonte: Sicilia tra storia e mito

E poi, in Sicilia i detti popolari inerenti agli asini si sprecano, come per esempio “Persi lu sceccu cu tutti li carrubbe”, suggeritomi proprio adesso da un favignanese doc.

Questa frase (che tradotta significa “Ho perso l’asino e tutte le sue carrube”) è un modo di dire usato quando hai perso tanto a causa di un qualche evento.

E comunque, simbologia a parte, l’asino, in realtà, è un animale molto intelligente.

 

Tornando alla favola di “Pelle d’Asino”, però, il significato dietro la pelle dell’asino è un altro: il sudiciume costante sopra la pelle dell’animale, indossata dalla fanciulla mentre lavora, simboleggia la “sporcizia” della relazione incestuosa voluta dal padre.

Infatti, l’incesto ha da sempre destato un senso di repulsione e disgusto, almeno nella maggior parte delle persone.

Ma non è stato sempre così o perlomeno, l’incesto veniva accettato solo in determinati contesti.

Per gli antichi Greci, per esempio, la parola “incesto” non indicava un rapporto sessuale tra consanguinei nello specifico, ma qualsiasi “stranezza sessuale”. Per esempio se una Vestale (una sacerdotessa) perdeva la propria verginità, veniva accusata di “incestum” (che detto così sembra un incantesimo di Harry Potter). Per gli incesti veri e propri, invece, veniva usato il termine “Unione empia” (“gamos anosios” o “gamos asebes”).

Eppure, la mitologia greca è piena zeppa di incesti.

Basti pensare al dio Zeus, sovrano dell’Olimpo, sposato con la dea Era. A qualcuno sfugge il fatto, forse, che Era era (che razza di assonanza linguistica…) sua sorella. Nati entrambi dai Titani Crono e Rea, a loro volta figli delle divinità primordiali Urano e Gaia (tra l’altro, alcune fonti rivelano che Urano fosse in realtà non fratello, ma figlio di Gaia).

E ovviamente, tutte le storie dell’Olimpo e raccontate da Esiodo (poeta dell’antica Grecia) nel 700 a.C., sono un ginormico baccanale, con migliaia di vizi, incesti, rapporti sessuali di natura discutibile, zoofilia e via dicendo. La peculiarità delle divinità della mitologia greca, infatti, è quella di essere rappresentate a immagine e somiglianza dell’uomo, semplicemente con il potere di accontentare ogni minimo capriccio con uno schiocco di dita. Non dimentichiamoci che la guerra di Troia e il viaggio di Ulisse descritti dal grande Omero nelle sue “Iliade” e “Odissea” partono da Eris, la dea del Caos, che, indispettita dal fatto di non essere stata invitata al matrimonio di Peleo e Teti (i genitori del guerriero Achille), lanciò una mela in mezzo a un tavolo tra Era, Atena e Venere, dicendo che la mela sarebbe andata alla più bella tra le tre; Zeus, in uno degli scarica barile più clamorosi della storia, decise di decretare il giovane principe di Troia, Paride, come giudice. 

Venere vinse perché donò a Paride l’amore della gnocca più bella di tutta la Grecia, Elena, moglie di Menelao, re di Sparta. Paride gliela rubò, se la portò a Troia e così ebbe inizio la guerra.

Vedete? Tutto un gioco per gli dei dell’Olimpo! Quindi che sarà mai un’unione incestuosa con lo zio del cugino della cognata del figlio che al mercato mio padre comprò?

Gli scritti del grande poeta Ovidio Nasone (per gli amici, semplicemente Ovidio… e te credo), vissuto nella Roma antica tra il 43 a.C. e il 17 o 18 d.C.), sottolineano invece come gli antichi romani fossero decisamente più curiosi sulla tematica dell’incesto. Infatti, “Le Metamorfosi”, opera del già citato autore risalente all’incirca all’anno 8 d.C., raccoglie molti racconti inerenti alla mitologia antica che hanno come tema principale, appunto, la metamorfosi, ma anche molte storie incestuose: un esempio è il mito di Mirra e Cinira.

In poche parole, in una remota isola araba, Mirra provava un’attrazione sessuale irrefrenabile per suo padre, il re Cinira. Questo desiderio la faceva uscire pazza, perché si rendeva conto di quanto fosse peccaminosa quell’unione, al punto tale che cercò di impiccarsi. La balia della giovane, la aiutò con l’inganno a infilarsi nel letto di Cinira, dato che la madre era assente e stava praticando, in quel periodo dell’anno, in corrispondenza con i misteri religiosi, l’astinenza dai rapporti carnali. Al re, era stato detto che una giovane e bellissima vergine dell’età di Mirra era estremamente desiderosa di giacere con lui, a patto che il rapporto si consumasse a luci spente.

Fu così che Cinira, senza saperlo, fece sesso con sua figlia Mirra diverse volte, appagandola costantemente e, infine, a furia di dai, la ingravidò.

Una notte, però, il re voleva tanto vedere il volto della sua amante tanto passionale, così accese la luce e scoprì l’inganno. Preso dall’ira, cacciò subito la figlia che, incinta, vagò per chilometri e chilometri finché non arrivò il giorno del parto. Disperata per il peccato commesso, implorò in lacrime gli dei di esiliarla sia dal mondo dei vivi che da quello dei morti. Impietositi, gli dei accettarono la sua richiesta e la trasformarono in albero. Dal legno, con sempre un aiuto divino, nacque un meraviglioso neonato di nome Adone.

Veramente avrei da ridire su questa nascita, visto che nei casi di incesto, la probabilità che nascano figli con malformazioni genetiche, malattie ereditarie o handicap di vario genere è altissima.

Ne è un esempio lampante il Faraone egizio Tutankhamon.

In passato, infatti, l’incesto veniva considerato come un tabù da certe culture, mentre in altre veniva incoraggiato soprattutto nelle famiglie di un certo lignaggio per mantenere la purezza di sangue. Ma quanti misteri questa “sciiienza”…

Un esempio è, come dicevo, Tutankhamon, nato da un fratello e una sorella, in base ai recenti studi effettuati sulla salma. Il famoso faraone, infatti, era ben lungi da qualsiasi immagine di sex symbol: fianchi larghi ed effemminati, denti sporgenti e un piede deforme, altro che purezza di sangue, qui si parla di sangue “sporco”. E non furono solo le deformità fisiche un chiaro segno incestuoso, ma anche il morbo di Kölher (ovvero un morbo che manda in necrosi l’osso scafoide, situato nel piede) e una malattia ereditaria che fu, con tutta probabilità, la causa della sua morte, a differenza della convinzione popolare sull’omicidio.

E poi, un altro esempio storico di danni provocati dall’incesto è sicuramente quello della dinastia degli Asburgo, una delle famiglie reali più di spicco della storia europea: se date un’occhiata al loro albero genealogico, beh… le analogie con i Lannister di “Game of Thrones” si sprecano. Esiste un eloquente ritratto del re di Spagna Carlo II d’Asburgo, dipinto da Juan Carreño de Miranda nel 1677, che mostra gli effetti dell’incesto sull’uomo, in particolare sul bel volto proporzionato (sarcasmo, mode on).

In effetti, gli Asburgo risultano essere una delle famiglie con la più alta percentuale di incroci della storia.

E poi, se vogliamo tornare sul discorso religioso, anche nel cristianesimo sono presenti gli incesti, migliaia di incesti, nonostante Dio li indichi come atti assolutamente peccaminosi.

Esempio lampante per eccellenza? Adamo ed Eva, i primi due esseri umani generati, i primi esseri umani che hanno dato inizio all’Umanità… praticamente, secondo la Bibbia, tutte le miliardi di persone sul pianeta sarebbero imparentate! Forse è per questo che l’essere Umano è tanto intelligente quanto cretino: il cervello è difettoso a causa del perenne incesto nel corso dei millenni?

Da piccola, viste le lezioni di catechismo, poi, cercavo sempre di capacitarmi quante volte avessero dovuto copulare e figliare Adamo ed Eva per dare inizio all’intera razza Umana. Cavolo, ci hanno dato dentro come i conigli, insieme ai loro discendenti!

E sempre parlando di incesti, ma tornando sulle storie vere, non si può non ricordare il caso di Barbara Daly Baekeland, una modella americana vissuta tra il 1922 e il 1972 che morì giovane, uccisa da suo figlio Antony.

Infatti, nonostante Barbara fosse mentalmente instabile, quando divorziò da suo marito, il piccolo Antony andò a vivere con lei. Ma il giovane aveva ereditato gli stessi disturbi mentali della madre, tra cui la schizofrenia. Intrattenne una relazione omosessuale quando aveva circa 20 anni e Barbara, cercando di “curarlo”, lo costrinse prima ad avere rapporti sessuali con diverse prostitute e poi, quando tutti i suoi “tentativi” fallirono, lo sedusse lei.

Il sesso con la madre ebbe un bruttissimo effetto sulla psiche già labile e compromessa del povero ragazzo e così, il 17 novembre del 1972, prese un coltello da cucina e pugnalò a morte sua madre per poi sedersi e ordinare cibo cinese come se niente fosse.

Una volta uscito di galera, uccise anche la nonna materna, convinto che fosse lei l’assassina di Barbara.

Tornato in carcere, Antony si suicidò.

Che storia allegra! La famiglia della Mulino Bianco!

Barbara Daly Baekeland

E anche il buon vecchio John Phillips, il leader del celeberrimo gruppo folk-rock The Mamas & The Papas (famoso per la canzone “California Dreamin’”) non resistette al fascino della figlia Mackenzie, tra l’altro praticamente stuprandola alla vigilia delle sue nozze.

Infatti, la ragazza era svenuta e il padre, sotto il pesante effetto di diverse droghe, abusò di lei. Da qui, nacque una relazione clandestina consensuale che durò la bellezza di dieci anni, finché Mackenzie non rimase incinta. John, impaurito dall’idea di essere il padre del bambino, pagò le spese per l’aborto e interruppe la relazione con la figlia (potete trovare la notizia dell’epoca QUI).

E di esempi storici in fatto di incesto ce ne sono diversi (persino Charles Darwin si fece la cugina, Emma Wedwood, con la quale diede alla luce diversi figli che: o morirono prematuramente o soffrirono per tutta la loro vita di malattie e disturbi), così come nella letteratura e nel teatro.

E forse qualcuno si starà domandando come mai non abbia ancora nominato l’incesto forse più famoso e conosciuto, quello che ha dato spunto al nostro amatissimo padre della psicoanalisi Sigmund Freud, per i suoi studi sugli incroci tra familiari: l’Edipo Re, la tragedia greca più celebre partorita dalla mente di Sofocle, drammaturgo dell’Antica Grecia vissuto tra il 496 a.C. e il 406 a.C.

Sigmund Freud

Riassumendo la tragedia, Edipo era il re di Tebe, all’epoca messa in ginocchio da una grave pestilenza. Il popolo si rivolse al sovrano per una soluzione e questi chiese all’oracolo di Apollo cosa potesse fare per salvare la sua gente. La riposta fu: trovare l’assassino di Laio, precedente re di Tebe e precedente marito di Giocasta, sposata ora con Edipo, e scegliere se esiliarlo o ucciderlo, poiché la sua presenza nella città era come un morbo.

L’indovino incaricato da Edipo per svolgere tale compito, però, si dimostrò riluttante e durante un’accesa discussione, esclamò che era Edipo stesso il vero problema della città.

Il re, su tutte le furie, screditò l’indovino come un ciarlatano e Giocasta cercò di rassicurarlo dicendogli che nessun umano poteva prevedere il futuro e che quindi le profezie potevano essere errate.

Per confermare tale tesi, Giocasta gli raccontò di come fu predetto, in passato, che Laio sarebbe morto per mano di suo figlio, quando invece il loro bambino venne abbandonato su un monte e Laio venne ucciso da tre banditi a un incrocio.

Edipo, tuttavia, ricordò un episodio di anni prima, dove ammazzò un vecchio a un incrocio perché si era comportato male. Egli raccontò inoltre di essere fuggito dalla sua città natale, Corinto, perché un oracolo aveva predetto che lui avrebbe ucciso il padre e si sarebbe congiunto con la madre, così fuggì a Tebe, per evitare che tale destino potesse compiersi.

I dubbi sembrarono svanire con la notizia della morte per cause naturali del padre di Edipo, Polibo, ma questi, in realtà, era il padre adottivo.

Venne così rivelato che Edipo, senza saperlo, aveva ucciso veramente suo padre Laio a quell’incrocio e che, sempre senza rendersene conto, si era congiunto in matrimonio con sua madre Giocasta.

Giocasta, per la disperazione, si impiccò ed Edipo, una volta scoperto il corpo, si accecò con la fibbia della cintura della madre.

Nel tempo sono state realizzate numerose opere teatrali dell’Edipo Re, compresa una versione grottescamente volgare e divertente, ambientata ai giorni nostri, dove Edipo uccide Laio a suon di parolacce.

Se volete saperne di più su questo grande artista, potete leggere l'articolo che ho scritto in merito cliccando QUI

Naturalmente, Freud studiò molto bene questa tragedia, “creando”, per così dire, il famoso complesso di Edipo.

Con questo termine, si designano una serie di complessi psichici presenti soprattutto durante l’infanzia maschile (nei quattro anni di età, più o meno) che ricordano l’attrazione sessuale provata da Edipo nei confronti della propria madre.

 

La controparte femminile del complesso di Edipo, invece, è il complesso di Elettra, il cui nome deriva dal mito greco di Elettra, figlia del re Agamennone e di Clitennestra (anche se nella storia, Elettra non fece mai l’amore con suo padre e nemmeno ne fu attratta in maniera carnale).

Secondo il mito, Agamennone fu ucciso dalla moglie e dall’amante Egisto. Elettra, dunque, convinse il fratello Oreste e il cugino Pilade a vendicare la morte del padre, uccidendo i due cospiratori.

Dopodiché, Elettra si sposò il suo bel cugino Pilade.

"Elettra alla tomba di Agamennone", dipinto di Fredric Leighton del 1869

Quindi, dopo tutti questi miti, queste storie e queste favole, cosa si può concludere?

L’incesto è un tabù ed è illegale in molte culture e nazioni, anche se in altri ambienti viene sfortunatamente tollerato se effettuato tra adulti consenzienti: in Francia, per esempio, è illegale e punito in presenza di un minore, ma non perseguibile se tra maggiorenni consenzienti. Viene condannato in caso di abuso e violenza, ovviamente.

Ciononostante, per quanto si possa dire che a porte chiuse e in maniera del tutto consensuale tra adulti vaccinati può accadere di tutto, ritengo che l’attrazione sessuale nei confronti di un parente (parente stretto) sia un chiaro segno di un qualche tipo di disagio mentale.

Infatti, è vero che in Francia l’incesto tra ADULTI CONSENZIENTI (ripetiamo a caratteri cubitali, perché è importante precisarlo) è accettato, ma ultimamente il governo sta seriamente pensando di farlo rientrare tra i reati penali come in Italia e come in molti altri Paesi appartenenti all’Unione Europea.

Questo perché solo nel 2022, nel giro di neanche un anno, sono stati segnalati più di 16 mila abusi sessuali nei contesti familiari. E non si parla solo di abusi su minori, ma anche su individui al di sopra dei 18 anni: psicologicamente parlando, infatti, un genitore che ha un rapporto sessuale con un figlio o una figlia, si pone automaticamente in una condizione di “superiorità” e “dominanza”.

I numeri di incesti registrati in Francia (sempre di abusi si parla) sono sconcertanti: nel febbraio del 2021, le vittime risultavano essere 6.7 milioni! (trovate maggiori info QUA)

Attualmente, si sta discutendo sul rendere l’incesto un reato penale e se coinvolgere o meno anche gli atti sessuali effettuati tra genitori e figli adottivi.

In Italia, l’art. 564 del Codice Penale, esprime chiaramente che sono proibiti gli atti incestuosi tra discendenti, ascendenti (i nonni, per esempio) e tra parenti la cui linea di sangue sia diretta (fratelli e sorelle). Viene sottolineato che, tuttavia, un rapporto incestuoso diventa condannabile solo nel momento in cui provoca un pubblico scandalo, quindi se, per esempio, tutta la famiglia ne venisse al corrente o se la ragazza rimanesse incinta. In questo caso, l’incesto viene punito con la reclusione da 1 a 5 anni.

Se invece si parla di una relazione incestuosa, quindi di un rapporto incestuoso duraturo, la pena può variare dai 2 agli 8 anni di reclusione.

La condanna viene naturalmente aumentata per l’individuo maggiorenne qualora l’incesto sia avvenuto con un minore (nonostante nel nostro Paese, la soglia del consenso e della libertà sessuale sia a 14 anni, a 16 se sono coinvolte figure come insegnanti o tutori).

Mentre non sono puniti i rapporti con i cugini anche se di primo grado. Anzi, i cugini possono addirittura sposarsi (non, tuttavia, secondo la Chiesa cattolica, la quale, in questi casi, richiede una dispensa specifica).

Certo, nella mitologia, nel teatro e nella letteratura sembrerebbe accettabile, ma non dimentichiamo che nella realtà si tratta di qualcosa di sbagliato.

E non lo dico io, lo dice la Natura stessa: se andare a letto con il proprio padre, la propria madre, sorelle, fratelli, nonni o zii fosse normale, non nascerebbero figli menomati, con malattie genetiche, malformazioni corporee o handicap.

Ovviamente, nonostante in alcuni contesti l’incesto venga accettato tra adulti consenzienti, rimane il fatto che compiere tale atto con un minore o con un adulto non consenziente è una vera e propria e aberrante violenza, non un atto d’amore.

È bene sottolineare questa parola: violenza, soprattutto dati i recenti fatti di cronaca, come vi ho già accennato sopra, a Monreale (nei pressi di Palermo), dove due povere bambine sono state vittime degli abusi sessuali da parte del nonno e dello zio per circa un decennio. I genitori erano a conoscenza degli stupri e non hanno fatto niente.

Un fatto simile è avvenuto a Ravenna, dove la figlia undicenne ha denunciato le violenze subite dal padre mentre la madre era fuori casa, violenze durate circa quattro anni.

E quest’ultima notizia, appena giunta dalla Polonia: in un paesino a 50 km da Danzica, un uomo di 54 anni, padre di 12 figli ormai fuori di casa, ha ripetutamente abusato delle due figlie rimaste a vivere con lui.

La scoperta degli incesti è avvenuta dopo che gli abitanti del piccolo paese avevano notato che l’uomo e una delle due figlie erano affiatati in maniera particolare: vivevano praticamente come se fossero una coppia, chiamandosi per nome e camminando mano nella mano.

Il genitore aveva persino rasato la testa della giovane 20enne per far sì che gli altri ragazzi non la guardassero, sopraffatto dalla gelosia e perpetrando un continuo controllo psicologico su di lei.

Quindi, padre e figlia stavano vivendo una palese relazione incestuosa.

Negli ultimi mesi, inoltre, i colleghi della ragazza avevano notato il suo stato interessante, nonostante lei cercasse in tutti i modi di nascondere la gravidanza.

Sparita per tre settimane, improvvisamente, è apparsa al suo ritorno dimagrita, sciupata e perennemente stanca.

I colleghi, dunque, hanno deciso di segnalare alle autorità la probabilità che fosse avvenuto un aborto illegale in casa.

Dalle indagini, ecco scoperto l’orrore: tre cadaveri di tre neonati sono stati ritrovati sepolti in giardino e nella cantina dell’abitazione. Due di loro sono il frutto della relazione tra il padre e la figlia, mentre il terzo è nato da uno stupro effettuato dal padre sulla seconda figlia (che, a differenza della sorella che dichiara di essere stata “consenziente” nel rapporto, ha denunciato l’accaduto)

La polizia sta comunque ancora investigando, perché convinta ci possano essere altri corpi nelle vicinanze.

Queste non sono semplici attrazioni sessuali, non sono trasgressioni, non sono nient’altro che abusi fisici, carnali e psicologici.

Non è amore, è fare del male, è pura violenza.

È bene ricordarlo.

Ed è con una citazione di un medico e psicanalista tedesco, Georg Groddeck (1866 -1943), anche fondatore della medicina psicosomatica: “È assai scomodo guardare dentro a sé stessi, e solo in sé stessi si possono trovare quelle poche scintille che illuminano le tenebre delle cause interne, cioè della nostra predisposizione; perché vi è qualcosa che l’analisi freudiana chiama la resistenza dei complessi, come il complesso di Edipo, il complesso d’impotenza, il complesso di castrazione eccetera, e questi complessi ci fanno una gran paura.”

Scritto da Camilla Marino