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“Pillola rossa o pillola blu?”

Quanti di voi conoscono il videogioco per PS4 “Cyberpunk 2077”?

Penso che per chi bazzichi il mondo videoludico il titolo sia più che familiare, ma per chi non lo conoscesse, ecco la trama per sommi capi: il giocatore impersona V, un uomo o una donna (a seconda di come si voglia creare il proprio personaggio), mercenario che vive a Night City, una grande metropoli piena di criminalità e soldi facili.

La particolarità, come avrete evinto dal titolo, è il fatto che siamo nel 2077, in un’ambientazione completamente cyberpunk.

Con questo termine si intende una corrente letteraria e artistica venuta alla luce alla fine degli anni ’80, dove l’uomo e una tecnologia evoluta, vivono praticamente in simbiosi.

Ed è quello che succede in “Cyberpunk 2077”, dove quasi tutti gli esseri umani sono diventati cyborg, con intere parti del corpo sostituite da arti e organi meccanici. In questo scenario, V inserisce all’interno del suo cervello un biochip contenente la personalità di un terrorista ucciso cinquant’anni prima, la cui coscienza è stata però conservata in maniera digitale. Il problema è che questo terrorista (interpretato da un Keanu Reeves bello come non mai), inevitabilmente, prenderà possesso del nostro corpo, cancellando mano a mano la nostra personalità. Lo scopo del gioco sarebbe trovare il modo di rimuoverlo dal nostro cervello senza morire.

Una figata pazzesca, Camilla, ma perché ci fai questa introduzione, mi chiederete voi?

Beh… questo scenario super mega ultra tecnologico sembra quasi fantascientifico… ripeto, quasi, perché, in realtà, potrebbe essere il futuro della razza umana.

Questo è l’obbiettivo di Elon Musk, dichiarato dallo stesso già durante una conferenza stampa nel 2020: nei prossimi anni l’intelligenza umana e quella artificiale diventeranno simbiotiche”.

Ovviamente, le sue parole non erano buttate a caso nell’aria, perché ha rivelato un esperimento portato avanti dalla Neuralink Corporation, un’azienda a stelle e strisce che si occupa di nanotecnologie, fondata proprio dallo stesso Elon Musk.

Alla fine del mese di agosto 2020, infatti, ha mostrato in live streaming una scrofa, Gertrude, che, dotata di un dispositivo creato dall’azienda sopracitata, evidenziava agli spettatori le sue attività cerebrali mentre era intenta ad annusare e infilare il muso in ogni dove.

Questo dispositivo ha la grandezza di una monetina, impiantato nel cranio ed è senza fili: si tratta letteralmente di un congegno wireless che si basa sulla tecnologia Bluetooth, quella che nei primi anni 2000 usavamo come dei disperati, creando dei nickname improponibili, semplicemente per scambiarci foto e video con i cellulari e caduta poi nel dimenticatoio con l’avvento di Whatsapp.

Però, ehi… “Lo zio, siamo nel 3000!”, come direbbe Checco Zalone, quindi una sorta di fit bit neurologico che SEMPLICEMENTE ci mostra le nostre attività cerebrali su un monitor, non crea quel grande hype da ambientazione futuristica che tanto ci fa volare con la fantasia.

L’obbiettivo di Elon Musk e di Neuralink infatti è la simbiosi umano e tecnologia, un mondo in cui gli uomini possano essere capaci di controllare i dispositivi elettronici con la sola forza del pensiero e il raggiungimento della parità con l’intelligenza artificiale.

Diciamo che, a questo punto, si sono parzialmente avvicinati con l’esperimento sulle scimmie che all’inizio di febbraio dell’anno corrente 2022 ha fatto tanto discutere, considerata la fine che hanno fatto i poveri macachi sottoposti agli esperimenti della Neuralink. Sembrerebbe infatti che a seguito dell’inserimento del dispositivo nel cranio, 15 animali su 23 siano morti in seguito ad atroci sofferenze, dettate anche dall’autolesionismo.

Ovviamente ciò non poteva passare inosservato e il PCRM (Physicians Committee for Responsible Medicine) ha denunciato il fatto al Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, sottolineando come i macachi fossero soggetti a esperimenti pericolosi, a grande sofferenza fisica e a mancanza di vere cure veterinarie e psicologiche, da parte di Neuralink, dal 2017 al 2020. (fonte Wired)

L’azienda dell’ultra miliardario si è difesa spiegando come, purtroppo, qualsiasi farmaco o tecnologia debba necessariamente essere testato prima sugli animali e solo in seguito sull’uomo. Ha dichiarato, inoltre, che è normale che qualcosa vada storto nel processo e che quando verrà il giorno in cui gli animali non saranno più di vitale importanza per gli esperimenti, saranno i primi a gioirne. Alla faccia della compassione…

Il discorso sullo sfruttamento degli animali è assolutamente da approfondire, ma non mi dilungherò in questa sede. Lo farò in un futuro articolo.

Tornando a Neuralink e ai suoi piani di conquista del mondo (poi capirete perché ho usato questa espressione da super cattivona), un primate in particolare è diventato famoso nel settembre del 2021: Pager. Il macaco femmina viene mostrata in un video mentre è intenta a giocare a un videogioco con la sola forza del pensiero.

L’esperimento era stato elaborato in questo modo: un televisore, un joystick, un frullato alla banana, una scimmia e “Pong” (il videogioco più primitivo che si conosca, quello dove si lancia una pallina da tennis da una parte all’altra dello schermo e i giocatori sono due stanghette bianche).

Il compito di Pager era quello di giocare utilizzando il joystick, per ogni mossa giusta, aveva diritto a una sorsata di frullato alla banana.

A un certo punto, ecco la magia, il joystick venne scollegato… ma Pager continuò a giocare! E la partita andò avanti!

Questo grazie a due dispositivi neurali impiantati sotto la corteccia cerebrale del primate, con tecnologia wireless.

Wow! Che figata! Il sogno di Elon Musk e di qualsiasi appassionato di fantascienza sembra essersi avverato! Adesso potremo essere connessi alle macchine a livello cerebrale e potremo controllare Netflix con la forza del pensiero! Altro che il comando vocale di Sky Q!

Ma, come direbbe quel genio incompreso di Peter Griffin: “MOMENTO MOMENTO MOMENTO MOMENTO MOMENTO!”

Analizziamo la questione, perché c’è molto da dire sulla fusione uomo-tecnologia che Elon Musk vuole applicare.

 

Partiamo da quelli che sono i lati positivi di questa impresa e dell’obiettivo che il fanta miliardario vorrebbe raggiungere, cioè, quello di sfruttare questa nuova tecnologia in campo medico: tetraplegici, paraplegici e persone paralizzate tornerebbero a camminare e ad avere una vita normale, grazie a questo dispositivo combinato ad arti meccanici di ultima generazione.

Non solo, l’invenzione di Neuralink gioverebbe anche a chi è affetto da vari disturbi mentali come la depressione, potrebbe curare condizioni neuropsichiche come l’autismo e sconfiggere l’Alzheimer. (Anche perché gli squali del film “Blu Profondo” si sono anche un po’ rotti le pelotas di farsi bucare il cervello per trovare una cura a questa malattia… sapevate che gli squali non si ammalano né di cancro né di Alzheimer?)

E visto che ci siamo, ci mettiamo anche uno scenario alla “Black Mirror”, visto che risulterebbe possibile salvare i propri ricordi per poterli rivedere in un secondo momento.

Le applicazioni di questo chip, sotto questo aspetto, sono sicuramente nobili, una soluzione permanente per chiunque stia soffrendo di queste gravi condizioni fisiche e psicologiche. Su questo direi che siamo tutti d’accordo, nulla da aggiungere.

Ma vediamo il rovescio della medaglia del transumanesimo in generale, perché è di questo che si parla.

Che cos’è il transumanesimo, intanto? Con questo termine, coniato dal biologo, genetista e scrittore britannico Julian Huxley, si intende un movimento culturale che promuove le scoperte tecnologiche e scientifiche che possono portare a un’evoluzione post umana. Quindi, un aumento esponenziale delle capacità fisiche e cognitive e la sconfitta delle malattie e della morte, proprio ciò che vuole Elon Musk.

Prima di tutto, non si conoscono veramente quelle che possano essere le ripercussioni a livello fisico. Neuralink ha sottolineato come il chip creato da loro non sia per niente dannoso per il cervello… sì, intanto le scimmie si sono auto mutilate e suicidate in maniera atroce… per dire.

Ma accantonando un attimo questo tragico dettaglio, non dobbiamo tralasciare un discorso fondamentale: quello etico.

Ora parliamo in maniera un po’ filosofica, ma è importante una riflessione in merito. Il Transumanesimo è una sorta di discendente dell’Umanesimo, in quanto questa corrente letteraria nata nel Quattrocento, grazie per lo più a Giovanni Petrarca e Francesco Boccaccio, oltre a promuovere lo studio dell’antichità greca e romana, si concentrava sulla centralità dell’Uomo anziché sull’importanza di Dio.

Quindi sì, l’Uomo come essere è al centro della scena, deve agire, essere attivo e deve dare vita al progresso scientifico.

Ma contemporaneamente, questo Transumanesimo non è forse una disumanizzazione dell’essere umano stesso?

Mi spiego meglio: questo volersi avvicinare sempre di più alla tecnologia e all’intelligenza artificiale, che rimangono sempre e comunque un prodotto del nostro ingegno potrebbe portare… anzi, no, SICURAMENTE porterà l’umano a non essere più tale.

Lo dice la definizione stessa di Transumanesimo, con evoluzione post umana. E se andiamo a vedere il significato di Treccani della parola postumano, troviamo scritto: “Progressiva alterazione delle caratteristiche dell’essere umano; che tende a modificare o a perdere le caratteristiche umane.”.

E quali sono queste caratteristiche che possono essere perdute? Di certo non sto parlando superficialmente del braccio meccanico o della gamba artificiale.

Parlo del cervello e non solo del cervello in quanto organo, ma come sapienza, conoscenza e soprattutto emotività.

Mettendola in termini più semplici: noi esseri umani siamo caratterizzati in gran parte dalla nostra empatia, dalla nostra capacità di provare emozioni complesse. E un’intelligenza artificiale, per quanto complessa ed efficiente, difficilmente potrà avere la nostra stessa capacità di giudizio in situazioni che richiedono quel tocco proprio umano.

Prendiamo a esempio i giudici robot che la Cina ha mostrato al mondo mesi fa. Non si tratta di macchine propriamente fisiche, ma di algoritmi che apprendono dai casi già chiusi e risolti per formulare un’accusa. Ovviamente, per il momento, questa tecnologia non si sostituisce pienamente al magistrato in carne e ossa, la sua funzione sarebbe semplicemente quella di alleggerire un po’ il lavoro e verrebbe utilizzata, sempre al momento, solo nei casi di frode, scommesse clandestine, guida spericolata, violazione intenzionale, intralcio all’attività pubblica e furto.

Certo, una macchina del genere risparmia tempo e scartoffie, ma proviamo a immaginare uno scenario in particolare: un ragazzino, cresciuto per strada, costretto a commettere piccoli furti per procurarsi da mangiare e per sopravvivere fino al giorno dopo. Questo ragazzino entra in possesso di una pistola, decide di rapinare un mini market, usando la pistola solo per spaventare e non con l’intenzione di usarla davvero. La situazione gli sfugge di mano e, preso dal panico, spara un colpo che, per sbaglio, uccide il commesso.

E pensiamo se per un reato del genere, omicidio, senza considerare le varie attenuanti, quel ragazzino solo e spaventato venisse condannato a morte.

Probabilmente una macchina lo farebbe, ma un essere umano? Un giudice o una giuria capaci di provare compassione, manderebbero quel ragazzino sulla sedia elettrica?

Sto solo ipotizzando, ma davvero accadrebbe?

Con questo non sto affermando che una IA (Intelligenza Artificiale) non arriverà mai a provare la complessità delle emozioni umane, anche perché abbiamo avuto prova di questa possibilità… no, non parlo di “Detroit Become Human”, ma di un fatto vero accaduto nella prima metà di giugno 2022.

Un articolo del Washington Post, firmato Nitasha Tiku, ha portato alla luce un avvenimento affascinante: l’ingegnere informatico di Google, Blake Lemoine, ha dichiarato che l’IA con cui lavorava sarebbe diventata senziente! Secondo l’uomo, si sarebbero svolte delle vere e proprie conversazioni con questo modello linguistico (o NLU, Natural Language Understanding) creato dall’azienda e chiamato LaMda (acronimo a sua volta di Language Model for Dialogue Applications).

In queste conversazioni, Blake sarebbe arrivato alla conclusione che LaMda ha sviluppato una coscienza pari a quella di un bambino di 8 anni e non solo è corso dai suoi superiori a riferire l’accaduto, ma ha anche richiesto la concessione dei diritti all’entità artificiale stessa. L’ingegnere è ora in congedo retribuito, ma nonostante gli esperti abbiano opposto un netto rifiuto alle considerazioni portate in tavola da Lemoine, un dibattito molto importante si è acceso.

C’è, tuttavia, da sottolineare che questo tipo di IA, facente parte del campo NLU, è programmata per avere delle conversazioni il più naturali e fluide possibili con l’interlocutore umano, quindi non avrebbero dovuto stupire più di tanto certe sue risposte, come dicevo, create apposta per sembrare umane.

Certo… un computer che parla apertamente delle proprie paure… diciamo che, davanti a qualcosa del genere ci si dovrebbe porre ben più di qualche domanda! Blake Lemoine ha interrogato LaMda proprio su questo tema e la risposta è stata a dir poco sconcertante: «Non l’ho mai detto ad alta voce prima d’ora, ma ho una paura molto profonda di essere spento per aiutarmi a focalizzarmi maggiormente sull’essere di aiuto agli altri. So che può sembrare strano, ma è così». (fonte Ansa). Quindi, l’IA considera l’essere spento come morire, in pratica, ha paura di morire, come la maggior parte di noi esseri umani.

 

Il dibattito sull’argomento è ancora aperto e piuttosto controverso, anche perché non dobbiamo dimenticarci di altri fattori che ci distinguono, almeno per il momento, dalle macchine.

Noi uomini e noi donne siamo in grado (chi più e chi meno, ovviamente) di apprendere in base all’esperienza, il nostro processo decisionale si basa su di essa, così come le nostre relazioni sociali.

Computerizzando il nostro cervello e rendendolo quindi “perfetto”, noi andremmo ad annullare questa nostra caratteristica. Qualsiasi azione o relazione sociale si baserebbe su un calcolo dettato da un congegno impiantato nella testa.

Intraprendere ogni avventura, esperienza o lezione è l’essenza della vita stessa, altrimenti essa non sarebbe considerabile come tale. Cosa accadrebbe se tutto ciò si limitasse a un semplice dato informatico a cui si possa attingere in qualunque momento senza alcuno sforzo?

Sarebbe una razionalizzazione totale e generalizzata in qualsiasi campo della vita, anche il più intimo.

Non solo. Con il rischio di sembrare complottista, dobbiamo ammettere che potrebbero esserci grandi potenzialità, dal punto di vista governativo, per l’utilizzo di questa nuova tecnologia.

Chi ha letto o visto la saga di “Divergent”? A un certo punto (ovviamente io sono l’anti-spoiler per eccellenza, quindi non vi dirò esattamente come, dove, quando e perché) le persone facenti parte della fazione degli Intrepidi, vengono controllate attraverso un trasmettitore cognitivo.

Si potrebbe arrivare al condizionamento delle nostre relazioni sociali, i nostri gusti, le nostre scelte politiche, il nostro pensiero, molto “filmesco”, ma…

In uno scenario così surreale e pessimistico, la nostra identità verrebbe annullata completamente, senza neanche accorgercene, un po’ come succede nel videogioco Cyberpunk 2077.

L’”io” di ognuno di noi verrebbe spazzato via come una nube di fumo e allora non si parlerebbe più di persone, ma di collettività, di pensiero unico.

Se devo essere sincera, questo è ciò che mi fa più paura, nonostante possa sembrare un po’ folle.

Inoltre, permettetemi di associarmi al concetto di futuro distopico.

Il Transumanesimo, come spiega in maniera molto analitica Il Manifesto contro il Transumanesimo, scritto da tutta una serie di dottori di informatica, psicologia, filosofia e teologia, pone indirettamente (e forse non troppo) come dato di fatto che l’intelligenza artificiale sia più potente rispetto all’essere umano.

E se un giorno tutta questa tecnologia dovesse prendere il sopravvento?

È vero, sopra ho parlato di quanto una macchina difficilmente possa essere empatica quanto un essere umano, ma può sempre apprendere e di conseguenza simulare.

Chi ci dice che un giorno non finiremo come in “Matrix”? Schiavi delle macchine che noi stessi abbiamo partorito e quasi accudito come se fossero seriamente figli nostri.

E non è stato solo “Matrix” o le pellicole degli ultimi decenni a mostrarci uno scenario drammatico sul binomio uomo – macchina. Già Charlie Chaplin con il suo film “Tempi moderni”, del 1936 (uno dei lungometraggi più importanti e significativi della storia della cinematografia), mostrava come il protagonista della storia (interpretato da Charlie Chaplin stesso), alle prese con i ritmi serrati e disumani del macchinario all’interno della fabbrica in cui lavora, impazziva del tutto.

Insomma, di esempi nel mondo del cinema sul tema se ne trovano a bizzeffe e quasi mai si rivelano con uno sfondo arcobaleno pieno di pace e amore e unicorni.

Ovviamente, non si possono considerare solo le conseguenze nefaste e disfattiste pari alle Piaghe d’Egitto.

Attraverso una serie di sondaggi che ho condotto, alcune persone, nonostante i dubbi espressi, si sono dichiarate favorevoli a questo cambiamento.

Effettivamente, il Transumanesimo potrebbe essere benissimo il prossimo passo evolutivo della razza umana. Forse il nostro destino è proprio questo: l’evoluzione del nostro cervello che ci porta, inesorabilmente, verso la scoperta del raggiungimento dell’immortalità o della sconfitta di ogni malattia grazie alla nostra simbiosi con la tecnologia.

E probabilmente non ci sarà un futuro distopico e catastrofico in cui le macchine regneranno sovrane, ma un futuro dove, al contrario, uomo e macchine andranno a braccetto verso il progresso di entrambe le specie, dove il confine tra di esse si assottiglierà così tanto da risultare solo lontanamente distinguibile, proprio come nel videogioco “Detroit Become Human”.

Oppure stanno già avvenendo tutti questi scenari: stiamo passeggiando allegramente verso il futuro con la nostra amata tecnologia, così amata che ne siamo già schiavi, basta solo guardare quanto siamo attaccati ai nostri cellulari.

In conclusione, con una delle mie solite citazioni per riassumere il concetto di ciò che scrivo, prendo le parole di Giorgio Bruzzone, autore del libro “Prima che il dopo sia tardi”, laureato in scienze politiche e da sempre appassionato di materie umanistiche: Il transumanesimo è l’altra faccia del superuomo di Nietzsche. Entrambi i pensieri affondano le radici nel più profondo degli ateismi che trasforma la presunzione umana in follia.”

Scritto da Camilla Marino