Passeggiando per le vie del pittoresco centro storico di Trapani, alla scoperta di questa città siciliana che si affaccia sul porto, ogni edificio è una testimonianza del passato, dove l’arte e il crocevia di popoli che hanno messo piede su questa terra, trasudano da ogni parete e da ogni dettaglio architettonico. Storie che vengono narrate dai cartelli posizionati ai piedi di ogni costruzione, per istruire i turisti curiosi e attenti.
Tra questi, figura la cosiddetta Torre Oscura, con il suo Orologio astronomico, la cui visione mi ha fatto riflettere sulla rappresentazione del tempo attraverso numeri e lancette, nel corso dei secoli. Come nacquero gli orologi astronomici? Quale fu il primo?
Per cominciare, voglio fare una descrizione dell’edificio che vi ho appena accennato.
Si tratta di due opere di una di grandissima rilevanza storica.
La prima è una delle torri più importanti e antiche della città, l’unica rimasta delle quattro porte d’accesso e delle rispettive torri d’avvistamento, erette già prima dell’epoca cartaginese.
Torre Oscura apparteneva, per l’appunto, a Porta Oscura. Le altre portavano il nome di: Torre Vecchia, Torre del Castello di Terra e Torre Pali.
In realtà, esisterebbe anche una quinta torre, ovvero Castello Colombaia, oggi conosciuto come Castello di Mare, edificata per ordine del generale cartaginese Amilcare Barca.
Tornando a Porta Oscura, si tratta dell’antico ingresso più a nord della città.
Ma il vero capolavoro di Torre Oscura è il suo orologio astronomico, realizzato nel 1596, tra i più antichi d’Europa.
Definiamo, innanzitutto, che cos’è un orologio astronomico: si tratta di un orologio costruito, ovviamente, con l’intento di segnare l’ora, ma ha anche particolari meccanismi e quadranti, volti a mostrare la posizione del Sole e della Luna attraverso lo Zodiaco, nonché, in taluni casi, le fasi lunari e il movimento dei pianeti.
La fabbricazione dell’orologio in questione fu opera del mastro trapanese Giuseppe Mennella e il materiale usato fu il marmo proveniente dalle cave di Rizzuto, Valderice.
Le parti da cui è composto sono: il Quadrante “Sole”, il Lunario e un foro posizionato proprio al centro del Lunario che rappresenta la Terra.
Entrambi i quadranti sono stati concepiti con inserzioni fatte a mano in piombo e uno sfondo in pietra azzurra, per richiamare il colore del cielo.
Nel Quadrante “Sole” vi sono due lancette: la prima, con la punta a forma di giglio, scandisce le ore del giorno, mentre la seconda il moto del Sole attraverso lo Zodiaco, come dicevo sopra. Ne consegue che l’orologio segni Equinozi e Solstizi, con i quattro Segni Zodiacali cardinali che segnano l’inizio di ogni stagione.
Per essere precisi, l’Ariete corrisponde all’Equinozio di Primavera, il Cancro al Solstizio d’Estate, la Bilancia all’Equinozio d’Autunno e il Capricorno al Solstizio d’Inverno.
Il disco lunare, indovinate un po’? Con la prima lancetta, scandisce in senso antiorario tutte le fasi lunari, dalle neomenie (quindi il novilunio, il giorno della luna nuova) alle decrescenze.
La seconda lancetta, invece, segna il cosiddetto mese sinodico, ovvero quell’arco di tempo in cui le varie fasi lunari si ripetono. Questo spazio temporale corrisponde a 29 giorni, 12 ore, 44 minuti e 3 secondi, da non confondere con il periodo di rivoluzione della Luna attorno al nostro Pianeta, che è di circa due giorni. Durante il mese sinodico, vi sono 14 giorni di Luna crescente (o primo quarto), ovvero quella fase che va ad avvicinarsi alla Luna Piena (il plenilunio), che dura un giorno, caratterizzata dalla gobba verso ponente; 14 giorni di Luna calante (ultimo quarto) con la gobba a levante, cioè quando si avvicina alla Luna Nuova (il novilunio, appunto), anch’esso della durata di un giorno, in cui il nostro satellite è invisibile, poiché oscurato dalla Terra.
Per questa ragione, i calendari lunari, in genere, sono composti da mesi alterni di 29 o 30 giorni, per un totale di 354 giorni all’anno, con un’unità in più durante gli anni bisestili, a differenza dei calendari solari, che si basano, appunto, sull’anno solare, conosciuto anche come anno tropico: per intenderci, i nostri canonici 365 giorni.
Tornando all’Orologio di Trapani, con il suo arco sottostante la Torre per permettere il passaggio, non ha un vero e proprio stile architettonico: la pianta è quadrata e non presenta decorazioni sul paramento murario in intonaco liscio.
Inoltre, il meccanismo dell’orologio si fermò definitivamente nel 1825, passando il testimone ai nuovi orologi collocati sulla sommità della facciata del Palazzo Senatorio, proprio accanto, di cui vi parlerò in un prossimo articolo. Due campane bronzee, collocate due anni dopo, nel 1827, sorrette da una complessa struttura in ferro e una banderuola segnavento, completano la facciata.
Considerando che è uno degli orologi più antichi d’Europa e andando a ricostruire la storia degli orologi astronomici, ho scoperto che la loro origine è ben più antica, risalendo addirittura a migliaia di anni fa.
Tuttavia, all’epoca non si parlava di orologi astronomici, quanto invece di orologi anaforici, descritti per la prima volta nella storia dall’architetto e scrittore romano Vitruvio, nel suo trattato latino sullo studio dell’architettura, “De architectura”. Si trattava di un orologio che, attraverso un elaborato meccanismo idraulico, era in grado di segnare l’ora e la posizione degli astri, seguendo alcune coordinate (basato sul passaggio di un liquido, in questo caso l’acqua, attraverso un foro, pressione/forza).
Invece, il primissimo orologio astronomico della storia venne realizzato tra il 976 e il 977 d.C. dall’astronomo cinese Chang Ssu-Hsün. La struttura, situata su una torre innalzata, veniva azionata dal mercurio, stimolando il moto di alcune figure che, con campane e tamburi, scandivano le ore, compresi i movimenti del Sole, della Luna, dei cinque pianeti allora conosciuti e persino dell’Orsa Maggiore.
Sfortunatamente, questo orologio non venne più utilizzato dopo la morte del suo ideatore.
Ma il suo lavoro non cadde nel dimenticatoio e fu fonte di ispirazione per lo scienziato, astronomo, matematico, orologiaio, cartografo, ingegnere, meccanico, botanico, medico, farmacista, mineralogista, zoologo, statista, poeta, antiquario e ambasciatore (altro?) cinese Su Song… Seriamente, quanta conoscenza c’era nella mente di quest’uomo?
Vissuto tra il 1020 e il 1101 d.C., elaborò un secondo orologio astronomico nella città di Khaifêng, azionato da un sistema idraulico.
Nonostante questi studi fondamentali, comunque, è l’orologio di Ibn al-Razzāz al-Jazarī, scienziato di origini arabe, costruito durante il XII secolo, a essere considerato come il primo vero orologio astronomico.
In effetti, a quel tempo, i musulmani e gli arabi produssero diversi strumenti di questo tipo.
Si possono trovare tracce dell’esistenza di questa struttura all’interno dello scritto dello scienziato stesso, “Il libro della conoscenza di ingegnosi dispositivi meccanici”. La sua forma ricordava quella di un “piccolo castello”, alto poco meno di 3,5 m, capace di segnare l’ora, il moto del Sole e della Luna attraverso lo Zodiaco e le fasi lunari. Un upgrade rispetto agli altri orologi, era la possibilità di cambiare la durata del giorno e della notte in base alle stagioni.
Come una sorta di antenato dell’orologio a cucù, tutti questi passaggi venivano scanditi da figure di uccelli che aprivano delle porticine, da cui uscivano cinque musici che suonavano i loro strumenti, accompagnati da un segnale acustico. Anche in questo caso, il meccanismo sfruttava la forza idraulica.
Un altro orologio arabo, molto simile, fu quello ideato dal filosofo e scienziato musulmano Ibn al-Shatir, all’inizio del XIV secolo.
Si presume che questi macchinari giunsero nel continente europeo intorno al ‘300 ed è infatti di quegli anni un altrettanto famoso orologio, ovvero quello nato dalla mano dell’astronomo, medico, filosofo e poeta italiano Giovanni Dondi dall’Orologio, a Padova. Era un astrario di piccole dimensioni, mosso da alcuni pesi, che andò, sfortunatamente, completamente distrutto e la cui ricostruzione è stata resa possibile dagli scritti di quel periodo.
Non è da confondere con l’orologio astronomico situato sulla torre della Piazza dei Signori (sempre a Padova), poiché quella è il rifacimento dell’opera di Jacopo Dondi (il padre di Giovanni), realizzata nel 1344 e quasi totalmente persa in un disastroso incendio poco dopo.
Altrettanto celebre è anche l’orologio di Rostock, creato nel 1472 e ancora oggi funzionante.
Conservato nella Marienkirche di Berlino, fu realizzato da Hans Düringer ed è alto all’incirca 11 m.
La sua particolarità, rispetto agli altri, è la sua capacità nel segnare il cosiddetto numero aureo, conosciuto anche come numero d’oro. Sostanzialmente, si tratta di un numero compreso tra l’1 e il 19 che indica in quale anno ci troviamo, basandosi sul ciclo metonico.
E che cos’è? Scoperto dall’ateniese Metone nel 432 a.C., è un ciclo di 19 anni che si basa su altrettanti anni solari che, in mesi, corrispondono a 235 mesi lunari e 6940 giorni. I calendari che si basano sul ciclo di Metone, chiamati calendari lunisolari, eseguono un calcolo aritmetico che riesce a mantenere il sincronismo tra i moti solari e lunari.
Il calcolo della Pasqua, nella chiesa cattolica, per esempio, si basa sul ciclo metonico.
E come non citare l’orologio astronomico di Praga, che ho visto personalmente, situato in Piazza della Città Vecchia? In questo settore, è l’opera più famosa al mondo, eretta nel 1410 dalle sapienti mani del maestro orologiaio Hanuš di Růže.
Una leggenda che aleggia attorno a questo orologio imponente (io ci sono salita, percorrendo tutti i 136 gradini della stretta scala a chiocciola che conduce in cima), narra che affinché Hanus non riproducesse la propria opera da nessuna parte, i consiglieri della città lo resero cieco. Il mastro orologiaio, per vendicarsi, fermò l’orologio, cosicché l’intera città lo supplicò di rimetterlo in funzione.
La torre, ora sede del comune e distribuita su tre piani, venne perfezionata nel 1552 da Jan Taborsky e la finezza dei dettagli, nonché la sua presenza scenica, sono a dir poco maestose.
La sfera inferiore rappresenta i mesi dell’anno, raffigurati da dodici medaglioni, e il passaggio tra i vari segni zodiacali ha meravigliosi dipinti eseguiti nel 1870 dal pittore ceco Josef Manés (1820 – 1871).
Le messe in scena di queste opere figurative non sono casuali, ma mettono in mostra scorci di vita quotidiana e rurale, ciascuna connessa al rispettivo mese di appartenenza. Ai lati della magnifica composizione, vi sono quattro figure che impersonano le materie principali di quel periodo: un filosofo che legge un libro, un astronomo con un cannocchiale tra le mani, un teologo rappresentato da un angelo con uno scudo e una spada e, infine, un individuo che, a seconda dell’interpretazione, sarebbe un matematico o uno storico, intento a esaminare alcune pergamene.
In questa parte dell’orologio, si è in grado di leggere anche il cosiddetto tempo siderale, letteralmente “tempo delle stelle”, sarebbe a dire il tempo impiegato dalla Terra per compiere un giro completo rispetto alle stelle.
Il quadrante astronomico segna l’ora e le orbite del Sole e della Luna.
Ciò che lo rende speciale, tuttavia, è il corteo dei dodici Apostoli, ovvero delle statue in legno costruite apposta per uscire allo scoperto ogni volta che l’orologio suona i suoi rintocchi.
Insieme a loro, altre quattro statue che rappresentano tre dei sette vizi capitali: il Turco è la Lussuria, il viandante con la borsa (inizialmente, un usuraio ebreo, sostituito dopo la Seconda Guerra Mondiale) è l’Avarizia, il personaggio con lo specchio è la Vanità e la Morte. Quest’ultima, rappresentata dalla classica immagine di uno scheletro, apre la sfilata, tirando una corda e ribaltando la clessidra che tiene nella mano sinistra. A questo suo segnale, i tre vizi capitali fanno un cenno di diniego con la testa e gli apostoli, con San Paolo in prima linea, cominciano la loro parata. Lo spettacolo termina con un gallo posizionato sopra le finestre dell’orologio, che con il suo canto segna lo scoccare dell’ora.
Naturalmente, sono esistiti anche altri metodi per scandire il tempo, di cui vi parlerò in futuro. Vi ho citato gli orologi astronomici più celebri, che condividevano tutti due caratteristiche in comune: la prima, nonostante si trattasse di meccanismi evidentemente complessi e geniali, erano comunque imperfetti e meno precisi di quanto i rispettivi costruttori potessero immaginare e il sistema di scappamento di questi orologi poteva provocare anche ritardi di mezzora; la seconda, si basavano tutti sul sistema tolemaico e non su quello copernicano. Questo sistema, che prende il nome dai due filosofi e astronomi Aristotele e Tolomeo, vede la Terra al centro del Sistema Solare, con la Luna e il Sole che le ruotano intorno (modello geocentrico). Eh sì, l’Uomo, per millenni, ha creduto di essere al centro dell’universo, quando in realtà… non lo è, le cose stanno diversamente. E infatti, oggi, è pienamente riconosciuto il sistema copernicano, da Niccolò Copernico, che nel XVI secolo introdusse il sistema eliocentrico, dove la Terra non era più la protagonista egocentrica e indiscussa, ma era soggetta, come gli altri pianeti, a moti di rivoluzione attorno al Sole.
Oggi, lo scandire del tempo dipende da questa evoluzione. In realtà, se ci pensiamo bene, il concetto di tempo stesso, forse, ha subìto una qualche forma di cambiamento negli ultimi anni: sarà la frenesia, il mondo che corre veloce, la consapevolezza che la nostra vita ha un timer… Dovrei scrivere un articolo o un podcast di riflessione in merito a ciò.
Insomma, malgrado l’orologio originale di Trapani abbia smesso di funzionare, il suo scopo perdura, si è solo evoluto l’aspetto, con nuovi orologi ancora più maestosi. Possiamo dire poeticamente che il tempo è stato vittima di una metamorfosi.
D’altronde, come dice l’aforista nostrano Fabrizio Caramagna: “Il tempo non va misurato in ore e minuti, ma in trasformazioni.”.